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i - il mattino 187


volta strisciar sul suolo, a sé facendo
1070de le inarcate spire impeto e forza;
ma il primo sol le rivedea piú belle
far beati gli amanti, e a un volger d’occhi
mescere a voglia lor la terra e il mare.
     Assai l’auriga bestemmiò finora
1075i tuoi nobili indugi; assai la terra
calpestáro i cavalli. Or via veloce
reca, o servo gentil, reca il cappello
ch’ornan fulgidi nodi: e tu frattanto,
fero genio di Marte, a guardar posto
1080de la stirpe de’ numi il caro fianco,
al mio giovan eroe cigni la spada;
corta e lieve non giá, ma, qual richiede
la stagion bellicosa, al suol cadente,
e di triplice taglio armata e d’else
1085immane. Quanto esser può mai sublime
l’annoda pure, onde la impugni all’uopo
la destra furibonda in un momento.
Né disdegnar con le sanguigne dita
di ripulire ed ordinar quel nastro
1090onde l’else è superbo. Industre studio
è di candida mano. Al mio signore
dianzi donollo e gliel appese al brando
l’altrui fida consorte a lui si cara.
Tal del famoso Artú vide la corte
1095le infiammate d’amor donzelle ardite
ornar di piume e di purpuree fasce
i fatati guerrier; si che poi lieti
correan mortale ad incontrar periglio
in selve orrende fra i giganti e i mostri.
     1100Volgi, o invitto campion, volgi tu pure
il generoso piè dove la bella
e de gli eguali tuoi scelto drappello
sbadigliando t’aspetta all’alte mense.
Vieni, e godendo, nell’uscire, il lungo