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i - il mattino 169


420ch’indi preveggon fra non molto il fiore
di lor fresca beltade a sé rapito.
     Mentre che il fido messaggier sen rieda,
magnanimo signor, giá non starai
ozioso però. Nel campo amato
425pur in questo momento il buon cultore
suda, e incallisce al vomere la mano,
lieto che i suoi sudor ti fruttin poi
dorati cocchi e pellegrine mense.
Ora per te l’industre artier sta fiso
430allo scarpello, all’asce, al subbio, all’ago;
ed ora in tuo favor contende o veglia
il ministro di Temi. Ecco, te pure
la tavoletta or chiama; ivi i bei pregi
de la natura accrescerai con l’arte,
435ond’oggi, uscendo, del beante aspetto
beneficar potrai le genti, e grato
ricompensar di sue fatiche il mondo.
     Ogni cosa è giá pronta. All’un de’ lati
440crepitar s’odon le fiammanti brage
ove si scalda industrioso e vario
di ferri arnese a moderar del fronte
gl’indocili capei. Stuolo d’Amori
invisibil sul foco agita i vanni,
445e per entro vi soffia, alto gonfiando
ambe le gote. Altri di lor v’appressa
pauroso la destra, e prestamente
ne rapisce un de’ ferri; altri rapito
tenta com’arda, in su l’estrema cima
450sospendendol dell’ala, e cauto attende
pur se la piuma si contragga o fumé;
altri un altro ne scote, e de le ceneri
filigginose il ripulisce e terge.
Tali a le vampe dell’etnea fucina,
455sorridente la madre, i vaghi Amori
eran ministri all’ingegnoso fabbro: