Pagina:Parini, Giuseppe – Poesie, Vol. I, 1929 – BEIC 1889888.djvu/174

168 il giorno


viva e snella balzar teco dal cocchio,
385e la vigile tua mano per vezzo
ricusar sorridendo, allor che l’ampie
scale salí del maritale albergo;
ma ciò non basti ad acquetarti, e mai
non obliar si giusti ufici. Ahi quanti
390geni malvagi fra horror notturno
godono uscire ed empier di perigli
la placida quiete de’ viventi!
     Poria, tolgalo il cielo, il picciol cane,
con latrato improvviso i cari sogni
395troncar de la tua dama, ond’ella, scossa
da súbito capriccio, a rannicchiarse
astretta fosse, di sudor gelato
e la fronte bagnando e il guancial molle.
Anco poria colui che si de’ tristi
400come de’ lieti sogni è genitore,
crearle in mente, di nemiche idee
in un congiunte, orribile chimera,
tal che agitata e in ansioso affanno
gridar tentasse, e non però potesse
405aprire a i gridi tra le fauci il varco.
Sovente ancor de la passata sera
la perduta nel gioco aurea moneta,
non men che al cavalier, suole a la dama
lunga vigilia cagionar: talora
410nobile invidia de la bella amica
vagheggiata da molti, e talor breve
gelosia n’è cagione. A questo aggiugni
gl’importuni mariti, i quai nel capo
ravvolgendosi ancor le viete usanze,
415poi che cessero ad altri il giorno, quasi
aggian fatto gran cosa, aman d’Imene
con superstizion serbare i dritti,
e dell’ombra notturna essere tiranni,
ahi con qual noia de le caste spose