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i - il mattino 165


le vendemmie, i ricolti, i pedagoghi
di que’ si dolci suoi bambini altrui
gongolando ricorda; e non vergogna
di mischiar cotai fole a peregrini
280subbietti, a nuove del dir forme, a sciolti
da volgar fren concetti, onde s’avviva
de’ begli spirti il conversar sublime.
Non però tu senza compagna andrai;
ché tra le fide altrui giovani spose
285una te n’offre inviolabil rito
del bel mondo onde sei parte si cara.
     Tempo fu giá che il pargoletto Amore
dato era in guardia al suo fratello Imene;
tanto la madre lor temea che il cieco
290incauto nume perigliando gisse
misero e solo per oblique vie,
e che, bersaglio a gl’indiscreti colpi
di senza guida e senza freno arciere,
immaturo al suo fin corresse il seme
295uman che nato è a dominar la terra.
Quindi la prole mal secura all’altra
in cura dato avea, si lor dicendo:
— Ite, o figli, del par; tu piú possente
il dardo scocca, e tu piú cauto il reggi
300a certa meta. — Cosí ognor congiunta
iva la dolce coppia, e in un sol regno
e d’un nodo comun l’alme strignea.
Allora fu che il sol mai sempre uniti
vedea un pastore ed una pastorella
305starsi al prato, a la selva, al colle, al fonte;
e la suora di lui vedeali poi
uniti ancor nel talamo beato,
ch’ambo gli amici numi a piene mani
gareggiando spargean di gigli e rose.
310Ma che non puote, anco in divini petti,
se mai s’accende, ambizion d’impero?