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ii - il mezzogiorno 129


e dei clivi odorosi a lui blandisce
le vaghe membra, e lenemente sdrucciola
sul tondeggiar dei muscoli gentile.
Gli s’aggiran dintorno i Vezzi e i Giochi,
280e come ambrosia le lusinghe scorrongli
da le fraghe del labbro: e da le luci
socchiuse, languidette, umide fuori
di tremulo fulgore escon scintille,
ond’arde l’aere che scendendo ei varca.
     285Alfin sul dorso tuo sentisti, o Terra,
sua prim’orma stamparsi; e tosto un lento
fremere soavissimo si sparse
di cosa in cosa; e ognor crescendo, tutte
di natura le viscere commosse:
290come nell’arsa state il tuono s’ode
che di lontano mormorando viene;
e col profondo suon di monte in monte
sorge; e la valle e la foresta intorno
mugon del fragoroso alto rimbombo,
295finché poi cade la feconda pioggia
che gli uomini e le fere e i fiori e l’erbe
ravviva, riconforta, allegra e abbella.
     Oh beati tra gli altri, oh cari al cielo
viventi, a cui con miglior man Titano
300formò gli organi illustri, e meglio tese,
e di fluido agilissimo inondolli!
Voi l’ignoto solletico sentiste
del celeste motore. In voi ben tosto
le voglie fermentar, nacque il desio.
305Voi primieri scopriste il buono, il meglio;
e con foga dolcissima correste
a possederli. Allor quel de’ due sessi,
che necessario in prima era soltanto,
d’amabile e di bello il nome ottenne.
310Al giudizio di Paride voi deste
il primo esempio: tra feminei volti