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128 la prima forma del giorno


240vil opra il pasto; a quei soltanto è vile
che il duro, irresistibile bisogno
stimola e caccia. All’impeto di quello
cedan l’orso, la tigre, il falco, il nibbio,
l’orca, il delfino e quant’altri mortali
245vivon quaggiú; ma voi con rosee labbra
la sola Voluttade inviti al pasto,
la sola Voluttá, che le celesti
mense imbandisce, e al nettare convita
i viventi per sé dèi sempiterni.
     250Forse vero non è; ma un giorno è fama
che fur gli uomini eguali, e ignoti nomi
fur plebe e nobiltade. Al cibo, al bere,
al l’accoppi arsi d’ambo i sessi, al sonno
un istinto medesmo, un’egual forza
255sospingeva gli umani: e niun consiglio,
niuna scelta d’obbietti o lochi o tempi
era lor conceduta. A un rivo stesso,
a un medesimo frutto, a una stess’ombra
convenivano insieme i primi padri
260dei tuo sangue, o signore, e i primi padri
de la plebe spregiata. I medesm’antri
il medesimo suolo oflrieno loro
il riposo e l’albergo; e a le lor membra
i medesmi animai le irsute vesti.
265Sol’una cura a tutti era comune
di sfuggire il dolore, e ignota cosa
era il desire agli uraan petti ancora.
     L’uniforme degli uomini sembianza
spiacque a’ celesti; e a variar la terra
270fu spedito il Piacer. Quale giá i numi
d’ilio su i campi, tal l’amico genio,
lieve lieve per l’aere labendo,
s’avvicina a la terra; e questa ride
di riso ancor non conosciuto. Ei move,
275e l’aura estiva del cadente rivo