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purpureo stivaletto, onde il tuo piede
non macchino giammai la polve e ’l limo
che l’uom calpesta. A te s’avvolga intorno
leggiadra veste, che sul dorso sciolta
1000vada ondeggiando, e tue formose braccia
leghi in manica angusta, a cui vermiglio
o cilestro velluto orni gli estremi.
Del bel color che l’elitropio tigne,
sottilissima benda indi ti fasci
1005la snella gola; e il crin... Ma il crin, signore,
forma non abbia ancor de la man dotta
dell’artefice suo; ché troppo fòra,
ahi! troppo grave error lasciar tant’opra
de le licenziose aure in balia,
1010Non senz’arte però vada negletto
su gli omeri a cader; ma, o che natura
a te il nodrisca, o che da ignota fronte
il piú famoso parrucchier lo tolga,
e l’adatti al tuo capo, in sul tuo capo
1015ripiegato l’afferri e lo sospenda
con testugginei denti il pettin curvo.
Poi che in tal guisa te medesmo ornato
con artificio negligente avrai,
esci pedestre a respirar talvolta
1020l’aere mattutino; e ad alta canna
appoggiando la man, quasi baleno
le vie trascorri, e premi ed urta il vulgo
che s’oppone al tuo corso. In altra guisa
fòra colpa l’uscir, però che andriéno
1025mal distinti dal vulgo i primi eroi.
Ciò ti basti per or. Giá l’oriolo
a girtene ti affretta. Ohimè! che vago
arsenal minutissimo di cose
ciondola quindi, e ripercosso insieme
1030molce con soavissimo tintinno!
Di costi che non pende? avvi per fino