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Era il Cornaro giunto al fine della sua novella, quando il conte Alessandro, in piè levatosi, disse: — Io credeva, magnifico Cornaro, dalla vostra novella vedere un miracolo, cioè che una donna avesse operato cosa, nella quale si fusse compreso valore e ingegno che fusse stato in ben fare; che, nella occasione che la vostra Betta s’è fatta valere, so io purtroppo che tutte vagliono pur troppo, come quelle che ad altro non pensano che a far degli errori e a ritrovarne poscia la scusa, parlando della maggior parte. E voi ancora, nel raccontare la novella, non avete potuto far di non far loro giusta ingiuria; ed è stato quando avete detto che la Betta, come femina, cioè piú ardita e manco vergognosa, la prima fu che ruppe il silenzio al marito. — Orsú! — disse il Cornaro — meglio è ch’io dia carico ad un altro di seguir le novelle, e con ciò porre silenzio alla lingua del conte, che si notrisce nel dir mal di loro piú che non fanno i loro affezionati e parziali a dirne bene. — Si — rispose il conte, — perché la bugia offende sempre un poco colui che la dice, ancoraché egli la dica per persona cara e amata. — Voi, Colombo — disse allora ni esser Marcantonio, — sarete quello, se cosi vi piace, che, ragionando l’ottava novella, farete tacere il conte; il quale spero, per castigo del suo mal volere, vedere, innamorato della piú brutta, un giorno cosi maltrattato, che tutti n’avremo pietá. — Disse adunque il Colombo: — Poiché a voi piace ch’io la seguente novella racconti, io cosi farò; e, perché il conte non si possa cosi far cavaliero sopra le donne con dire che elle abbiano solamente ingegno nel mal fare e non altrimenti, io intendo narrarvi una novelletta, nella quale si vede che anco gli uomini nel mal fare sono prontissimi; la qual cosa non potrá se non essere di qualche giovamento a esse donne appresso del conte. Perché, ogni voita che egli si ricorderá di ciò che male operando fanno gli uomini tuttodi, forse gli verrá pensiero di tacere delle donne, le quali veramente in ogni cosa di male errano sempre, e con maggior scusa e con minor peccato. Lo accidente ch’io intendo ragionarvi non è in caso amoroso, ma è degno d’essere ascoltato per molti respetti.