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AVENIMENTO XXXVI


Gianotto, mercatante genovese, sta un tempo in Napoli e, quivi preso moglie, e con lei imbarcatosi per tornare a Genova, il navilio per fortuna si rompe. Egli si getta in mare ed è portato a terra: la giovane riman su la nave. E doppo vari accidenti ambi finalmente in Genova in felice stato vivono.

Messcr Muzio, udita la fine del ragionare di niesser Camillo, vedendo che piú ninno v’era riniaso se non egli a dover dire, senza comandamento aspettare, all’ordine andando dietro, a parlare cominciò in cotal guisa:

Niuna forza di parole, per quel ch’io mi credo, sarebbe bastevole ad esprimere lo infinito amore che Arsinoe al suo marito portava, o a commendare la gran virtú di lei: percioché. lasciando di dire quanto sia naturai cosa che una moglie amorevole al suo marito, udendo lui essere sentenziato a morte, ne senta si grave dolore e angoscia, che perda l’animo e in lei si smarriscano gli spiriti (il che però si fattamente in Arsinoe non si vide, che non le restasse vigore di procacciare la salute di lui); pur si comprende in lei tanta virtú essere stata, che nelle sue maggiori sciagure non solamente fu quella medesima e non indebolita virtú, ma si scorge che in tale avversitá rinforzò tanto piú la virtú in lei e divenne piú franca, quanto ne appariva il bisogno maggiore. Di maniera che vediamo che quello, che la malvagia e nimica fortuna d’ingiuria ad Arsinoe potè fare e ch’era nelle sue mani, fece, di volerle togliere il marito; ma quello che è proprio d’una persona forte e che non le si può levare, quel tanto ad Arsinoe rimase fermo e stabile. E. conciosiaché la virtú si conosca nelle cose piú difficili e piú malagevoli ad adoperare, qual virtú diremo che fosse quella, e che alto senno, di trasmutare i panni del marito nei suoi per far fuggire lui di prigione, e qual fortezza d’animo? Quale uomo, per animoso ch’egli fosse, temuto non averebbe di fare quello