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dire. — Laonde, rispondendo egli sé ad ogni suo commandamento essere presto, cominciò:

Quantunque io disposto sia di seguire sempre i commandamenti del nostro principale; nondimeno per oggi io non anderò dietro alle sue vestigia, raccontandovi essempio che in sé contegna alcun vizio notabile, e in ciò io non torrò a lui il suo pregio, posciach’egli di cotal natura lo ci ha raccontato, che tutto mi ha fatto turbare contra il micidiale. Per la qual cosa, lasciando dall’un de’ lati i viziosi uomini stare, e anzi vacando a materia favorevole che ad odiosa, mi apparecchio di narrarvi il valore e il forte animo di un romano, al quale nella battaglia tanto poco increbbe di lasciar la vita difendendosi, che, ancoraché vinto fosse, non si rimase di far prova di vincere.

Quando Annibaie, valoroso capitano di cartaginesi, i quali furono sempre cosi acerbi nimici del popolo romano ed emuli della sua gloria, diede quella memorabile e perigliosa rotta di Canne a’ romani, raccontano le istorie che in que’ tempi in un giovane romano, nominato Rutilio, apparve una grandissima virtú e fortezza d’animo. Donde si può comprendere, quantunque infelice e doloroso fosse di quella battaglia lo avenimento, conciosiaché Annibaie superasse de’ romani le forze, non aversi però da lui potuto vincere la fortezza degli animi ; la quale durò loro tanto, che, abbassato poscia de’ nimici l’orgoglio, fecero a tutto il mondo le loro vittoriose arme sentire. Percioché ragionasi che, in quella rotta essendo il romano essercito messo in fuga, e questo Rutilio per le molte ferite, che nella persona aveva, restato adietro, avendo, tra le altre, ambedue le mani tagliate, e venendo verso di lui uno de’ soldati nimici per ispogliarlo, tanta fu la virtú di lui e la grandezza del nobile animo suo, che, mentre che egli ebbe spirito, per modo alcuno noi sostenne; anzi incontanente si gittò di colui al collo, e, con le mozze braccia afferratolo e a viva forza stringendolo, comeché non potesse egli in altro modo delle sue armi contra il nimico valersi, co’ denti spiccò al cartaginese il naso e le orecchie. Onde, pigliando del nemico vendetta, e piú oltre non potendo per le ferite durare