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gli inimici in fuga e che sotto le mura della cittá reale vi si erano le genti nostre poste a campo per combatterla, difendendosi quei della terra, che sia stato dalle mura il nostro capitano morto. Donde, si come dal corso ancora di tutte le cose umane, dovete comprendere che unque a Dio non piace in questa mortai vita far l’uomo lieto di alcuno avenimento prospero, si che la soverchia letizia, che di quello si prende, con qualche sopravegnente male temperata non sia, per insegnarci non essere qua giú cosa alcuna che certa, ferma e stabile possa durare; per trarci con questa via da cotali vane speranze, che, nelle cose umane poste, ne furiano il dritto camino smarrire dell’altra, alla quale con diversi modi di rivolgerci egli c’insegna. E, si come la providenza di lui è infinita, con la quale giustamente l’universo regge, cosi tutto quello che alla giornata veggiamo avvenire si dee da noi per bene e per utile, come dalla sua mano procedente, pigliare. E voi dovete sapere che la natura a ciascuno il tempo della sua vita prescrisse; e, quando ci fusse proposto il vivere per lungo tempo senza nome o con vitupèro, overo tostamente morire con altissima gloria, non è dubbio che noi eleggeremmo la parte piú onorevole, la biasimevole rifiutando. Se adunque il figliuol nostro non ha sodisfatto col corso della sua etá alla natura, ha certamente sodisfatto alla gloria. Onde noi della sua morte dobbiamo darci pace, né si dee piangere quella morte che è ad un uomo valorosamente avenuta, né può innanzi tempo essere ad un vittorioso capitano, né misera a persona lodevole. E molti sono stati di quelli che stimarono la morte fortunata de’ suoi congiunti, quando hanno volentieri spesa per la patria la vita, percioché, non altrimenti che per la madre, quella dobbiamo offerire per la nostra cittá. E, se in alcun tempo si suole chiamare felice di alcun uomo la morte, quando la chiameremo noi, se non allora che renderemo l’ultimo spirito nella vittoria? Percioché generalmente la morte in altri tempi lascia in altrui gli animi mesti, che nello stato della vittoria la noia di quella col piacere di questa contempra. Senza che, la onesta e gloriosa morte spesse fiate adorna una vituperevole vita: che allo’ncontro una vita vile non lascia ad