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la quale di leggieri può mitigare ogni duro proponimento o sbigottirlo. Laonde non si può alcun uomo, quantunque ardito e di fermo viso si sia. in cotali imprese di se stesso fidare, perché nel fatto può egli per ogni lieve cagione conturbarsi ed essere da una nuova paura assalito; da che, perdendo l’animo, la morte, che ad altri tendea, e la rovina si senta sovra di sé incontanente tornare. Ma non basta ancora per tutti questi pericoli di avere a passare, ché ci restano quelli che doppo il fatto si corrono; e sono uno solamente, e questo di grande importanza, cioè che, doppo morto il prencipe, non rimanga alcuno che vendichi la sua morte, o congiunto di sangue overo amico; o che il popolo della cittá non si levi a romore contra gli ucciditori, e cosi, non potendo i congiurati dalle sue mani fuggire, vi rovinino. E di tutti i pericoli, che doppo il fatto possono seguire, questo ultimo è il maggiore. Tu vedi adunque, o Armodio, quale ci sia la impresa che contra il tiranno intendiamo di prendere e a quanti pericoli, che non si mandi il nostro pensiero ad effetto, soggiacere. Per che, prima che di ciò nasca in noi diliberato consiglio, vi dobbiamo discreta considerazione avere, e non correre in fretta, per andare volontariamente alla morte. — Con tai parole Aristogitone faceva dubbia ad Armodio la impresa di uccidere il tiranno; quando egli, che attentissimamente ascoltate le avea, cosi a lui rispose: — Non è dubbio, o Aristogitone, che grandemente a noi si richiede Io andare cauti alla impresa che fornire vogliamo, e che nelle congiure, come tu medesimo hai divisato, ci sono, innanzi, nel fatto e doppo, quei pericoli che tu di’. Nondimeno, quanto al primo, che deggia alcun di noi sospettare che pervenga lo aviso nostro per bocca propria alle orecchie del prencipe, tu medesimo con la tua prima ragione ci hai il sospetto ad amendue levato, avendo noi, quantunque due, da riputarci un solo alla congiura, essendo una stessa cagione e una ingiuria quella che ci move gli animi e che ci unisce aila vendetta, ed essendo ciascun di noi proprio ministro del proponimento nostro, altri non avendo per ciò fare altronde ricercato. Al pericolo, che ci soprasta nel fatto, ho io meco stesso ritrovato il rimedio, il quale porterò fermo nell’animo