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essere a tutti coloro che hanno Stato uno specchio da riformare secondo quelli la vita loro; cosi la tirannia, i corrotti e vituperevoli costumi e lo infelice fine di costui diano efficace essempio ai suoi simili qual guidardone aver possa la loro mal fondata signoria.

Doppo che Pisistrato prese la tirannia di Atene, morto lui, lasciò suo erede un figliuolo nominato Ipparco, il quale, per essere stato il padre prencipe della cittá, mentre che egli viveva, avea sempre una vile e licenziosa vita menata; e, datosi dalla prima sua giovanezza a’ diletti carnali, tutti i suoi giorni, per potere al suo appetito sodisfare, in ogni maniera di libidine e di lascivie spendea. Onde avenne che egli, doppo la morte del padre, non solamente fu erede della sua tirannia, ma lui di gran lunga trappassò di corrotti costumi e dissoluta vita, accioché il suo prencipato non solamente tirannico fusse, ma per gli suoi disonesti e vituperevoli vizi ancora incomportabile. Perché, tra l’altre sue sceleritá, comeché molte tuttodí nella persona di lui se ne vedessero, una ne fece, la quale fu a’ suoi tempi notabile, e diede poscia per l’avenire agli scrittori materia fra le sue piú vituperose opere di rammemorarla. Ciò fu che, mentre egli teneva il prencipato di Atene, avea posto gli occhi adosso a due bellissimi e leggiadri giovani della cittá, chiamati l’uno Armodio e l’altro Aristogitone; i quali, per quello che ognuno che li vedeva dicesse, a que’ tempi di bellezza tutti gli altri giovani di Atene trappassavano. Onde, acceso in amore ardentissimo della loro bellezza, e tutto l’animo avendo a costoro vólto, piú fiate con diversi mezi s’ingegnò di trarre questi giovani al suo disio. Per che, tuttavia sollecitandoli, gli trovò sempre al suo disonesto e bestiale appetito contrari. Di che portando seco Ipparco noia gravissima, per poco regolato appetito, nel quale a niun convenevole termine contento stava, non valendo in ciò a lui alcuni prieghi né molte ampie promesse, che per dovere il loro amore acquistare faceva, seguitando il generai costume de’ malvagi prencipi, pensò, non potendo altrimenti, con la forza il suo disordinato appetito fornire. E, trovando, per far seguire lo effetto al suo pensiero, egli la