tanto pazzo non mi conosci che tu possa sottraggere speranza nessuna ch’io lo ti credessi giamai, e sia poi perché
tu medesima piú lo manifesti quanto piú di celarlo t’ingegni:
ché, oltre che questo lieto viso, con il quale tu ora raccolto
m’hai, sia tutto offuscato di quei segni che rendono altrui certo
di vera simulazione, tu pure col mostrarti lieta la dimostri maggiore. Ché invero, se tu studiato tanto non avessi di celarmi
quello che in alcuna guisa nasconder non mi puoi, pure ti
saresti doluta e mostrata trista della morte di Fioretta per lo
dolore che tu, che consapevole sei stata del mio ardore, ti dovevi imaginar ch’io sopportassi. Ma tu, come ho detto, tanto
hai cercato di nascondermi il tutto, che il tutto in ogni guisa
m’hai manifestato. Tu adunque puoi esser certa ch’io certo sia
che tu della morte della innocente giovane sei stata cagione;
la qual cosa non potendo negare, non so con quai parole né
con quai ragioni vorrai difendere. Forse dirai che tu hai ciò
fatto perch’io, privo in tutto di speranza di mai piú vederla
non che acquistarmi la grazia sua, a te ritornar dovesse; nella
qual cosa forte ti saresti ingannata, perché tu dèi ben pensare
che, amandola a quello estremo grado d’amore ch’io ti diceva,
non solamente non avrei giamai piú potuto amare chi la mi
avesse tolta, ma si bene preso odio mortale contra chi, benché
invano, avesse cercato tôrlami, non che privarla di vita. E questo
dovevi tu piú ch’ogn’altra persona considerare; tu, dico, che nel
medesimo tempo ti movevi per me, che caro tenevi, a fare lo
istesso in una persona innocente. Se tu vorrai poscia dire che
tu fatto l’abbi per vendicarti di chi mi t’aveva tolto, tu non
dirai il vero; percioché dalle mie parole tu hai benissimo potuto comprendere, e ancora dalle pene che amando io sopportava (che quasi al fine della vita condotto m’avevano), che
dalla morta giovane non m’era giamai stato conceduto tanto
di cortesia che a te m’avesse né dovuto né potuto tôrre. La
qual cortesia quanto ver’ me in manco abbondanza veniva, tanto
piú te verso di lei obligava; senza che, in ogni guisa, altri che
me non poteva aver colpa dello abbandonarti. Se ti pareva tanto
ricever torto a vederti da me lasciata, perché non far cadere