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Arato sicioneo, capitano a’ suoi tempi eccellentissimo, doppo molti chiari fatti e nella patria e fuori adoperati, doppo avere Calidonia saccheggiato e vinto Acrocorinto, pervenuto a Locride, giá famosa cittá di Grecia, si legge di lui uno essempio di clemenza notabile. Percioehé si dice che, avendo egli quella cittá espugnata e presa, se n’andò insieme con alcuni altri de’ suoi nella ròcca, per vedere da quell’alto e rilevato luogo le rovine di quella cittá, che per innanzi era stata di non oscuro nome; e, d’indi la distruzione degli edifici considerando, il saccheggiamento della robba e la qualitá della miseria, in cui per la sua vittoria era condotta, avendo al primiero stato della cittá riguardo, fu da tale compassione vinto delle sue rovine, che non potè dalle lagrime astenersi. E, se alcuno, non sapendo chi egli si fusse, lo avesse allora veduto, arrebbe senza dubbio creduto ogni altro che Arato essere stato il vincitore. La qual cosa coloro scorgendo che con esso lui si trovavano, vennero in maraviglia grandissima delle lagrime che dagli occhi versava. Per che, volendone di ciò essere certi, incominciarono a dimandargliene la cagione: ai quali rispondendo, Arato disse queste parole: — La compassione grandissima ch’io porto, o compagni miei, alle miserabili rovine di questa cittá, è possente di recarmi agli occhi le pie e oneste lagrime che voi vedete; e il vario rivolgimento delle cose mondane, che dalla indiscreta fortuna procede, permutatrice de’ regni, mi rende non poco accorto della sua mutabile mano. Percioché, qualunque volta io vengo in quel pensiero che questa cittá di Locride sia per un tempo stata chiara e nobilissima, e ch’io ora gli occhi d’intorno giro allo spettacolo della sua rovina, mi assale un pentimento dentro di me medesimo di seguire cosi empiamente il corso della mia vittoria. Per che, si come sempre sono stati sovra tutti gli uomini lodati coloro che hanno voluto essere di republiche ordinatori e fondatori di cittá e di regni over di qualunque altra cosa che utilitá e onore possa all’umana generazione arrecare, cosi sono allo ’ncontro infami e degni d’ogni biasimo tenuti gli uomini distruttori delle cittá e disipatori, e il nome d’empi e violenti fuggire non possono. E alcuno non si trova cosi pazzo o si tristo, che, volendo avere