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giornata prima - novella i 23

quanto piú di disubligarlo s’ingegnava. Pure, da lei molestato, alla fine si risolvette, e d’ogni suo amore la misera fece consapevole. La quale, celando l’occulto veleno, larghissimamente s’offerse e promise trarlo d’affanno; riprendendolo di poco animo e dimostrandogli, al meglio che seppe, essere questa sua impresa poco difficile, quantunque egli, che ogni avvenimento narrato le aveva, avesse fatta accorta la Fioretta esser giovane crudelissima e lontana da tutti i pensieri amorosi. Cosí poscia, partitosi Carlo quasi sicuro di non avere offesa Lodovica, non che sicuro averne conseguito perdono, ella, ch’aveva il cuore per le sopraudite cose pieno di tosco e d’amaritudine, gittatasi boccone sopra il letto, cosí cominciò lamentandosi a dire: — Aimè, con quanto mio danno ora mi aveggio che la maggiore sciocchezza che possa commettere una femina è il darsi in preda a giovane amante, per natura instabile e inconstantissimo! Ma chi avrebbe fatto diffesa contra si pungenti e valorose armi, come sono le bellezze, i costumi e le virtú di questo ingrato? Aimè! che sí bello e si gentile lo mi rappresenta Amore avanti gli occhi della mente, che, quantunque egli cosí crudelissimo mi sia e che per amarlo io patisca pena che non si può soffrire, io non mi so però imaginare stato felice al mondo con il quale io cangiassi la miseria e infelicitá mia; e si temo il suo male, che con ogni ragione desiderar doverei, ch’io non oso dolermi di lui, temendo che i giusti dèi, dalla mia pietá commossi, gli diano castigo di tanta crudeltá cosí senza cagione usatami. O mortali, che nulla potete, desiderate esser privi di luce, ché cosa di grandissima salute bramerete! Quanto meglio era per me d’esser nata cieca! ché il minor dolore, che per troppo aver veduto ora mi tormenta, avanza ben di gran lunga quanti piaceri per non aver veduto avrei perduti. O Amore, ove rivolgi tu ora gli occhi, che non miri e non odi i miei dolori e le mie querele? a chi debb’io ricorrere per soccorso, se tu, a cui fui sempre serva si fedele, mi abbandoni? Ah giovane ingrato! per qual cagione meritai io giamai essere da te per altra lasciata? O Giove, perché non m’aiti? Aimè, che bene a ragione mi nieghi il tuo favore, posciaché piú che te ho amato, anzi adorato questo