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e dannosa te la veggio essere riuscita! Oh indiscreto e mal preso consiglio, ch’io ti diedi, di mettere a cosi strabocchevole pericolo la tua vita! Ma, posciach’io di si malvagia impresa e temerario ardire fui autore e a ciò fare ti spinsi, debbo meritamente ancor io di cotal presunzione quel fine, che tu hai conseguito, sortire, e dalle nimiche armi teco riceverne una commune vendetta. Oltre che, a te sopravivendo, quale avria da essere la mia vita? Conciosiaché le fatiche mie, i miei riposi, disa venture e piaceri non possono per modo alcuno star prive del tuo dolcissimo e fido consiglio. Perché niuna altra cosa tanto per ora mi sento mancare, quanto colui, col quale soleva tutte quelle cose, che maggiormente mi premevano, communicare; il quale mi amava, col quale liberamente parlava, con cui niente fingea, niente dissimulava o celava. Tu adunque, carissimo Carlo, il quale e delle mie piú importanti cose consapevole e di tutti i miei ragionamenti e consigli partecipe esser solevi, dove sei? Te d’avere io disidero delle mie sollecitudini compagno, te in ogni mio pensiero congiunto. E, poiché piú per colpa della nimica fortuna d’averti non m’è concesso, giunga il corso della mia vita tosto a riva, e sia questo d’ambidue l’ultimo giorno. — Avevasi Orazio con tai parole lamentato alquanto, e con la lingua, a dolersi avviata, piú oltre il suo rammarico proseguiva, piovendogli abondantissime lagrime dal viso; quando il duca, che i suoi lagrimosi lamenti uditi aveva, del luogo uscendo ove stava nascoso, lo fece subitamente prendere e menare a sé. Onde, ad Orazio dimandando chi fusse e del pianto, che si largamente sovra di colui spargea, la cagione, egli con gli occhi ancor bagnati e molli, a lui in questa maniera rispose: — Sfoga lo sdegno tuo, signor mio, sovra di me meschino ancora, e sovra questa vita l’émpito del tuo furore distendi, chiedendoti solamente che d’una picciola grazia mi vogli esser cortese, cioè che, dovendo ora essere il termine della vita mia, tu sovra il corpo del mio Carlo mi vogli far ricondurre e quivi uccidermi ; percioché, sendo io stato quello che con lui insieme della tua vita fui vago, e quello che ’l confortai di porre alla tua persona insidie, morto lui, essendo cosi infelice riuscito lo avenimento nostro, ch’io gli