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20 i diporti

Laonde, mandata la fante con lettere, e imponendole mille prieghi e parole che a lui da sua parte facesse e dicesse, lo richiese per una sola ora della seguente notte in casa sua; e di tal tempra, come volle fortuna, lo ritrovò, che, come ebbe letta la lettera, giurò d’andare dove ella lo richiedeva. Per che, venutane la notte, senza altro pensare, tutto solo, come usato era, a casa della Lodovica ne andò; la quale, in tutto nascondendo la passione che per lui sopportava, con lietissima faccia lo raccolse e, postasi a sedere sopra un letticciuolo che ivi era, a Carlo comandò che allo incontro le sedesse, e poscia con aspetto giocondo cosí gli cominciò a dire: — Carlo mio, io credo averti per lo passato in tal maniera dimostrato l’amor mio, che molto ben dèi credere che niuna donna giamai amasse uomo con si caldo alletto né si perfettamente come tu sei stato amato da me, come veramente le tue virtuti, i tuoi costumi e le tue bellezze, piú d’ogni altro uomo che mai vivesse, t’hanno fatto degno. Avendoti adunque con effetto mostrato qual sia l’affezion mia verso di te, a me non pare né lecito né necessario qual io mi sia con parole farti chiaro; e credendo tu, come creder dèi, perché egli è vero e perché lo meriti, esser cotanto amato da me, crederai ancora che quello ch’io bramo e ch’io cerco saper da te sia piú tosto per clonarti aiuto, s’io potrò, che per volermi teco della tua ingratitudine dolere. Però disponti a ragionarmi il vero nelle cose delle quali tu ora da me sarai ricercato: né a celarmi cosa alcuna t’induca vergogna né pietá d’avermi cosí mal remunerata dello amore e della ferie mia; ch’io ti giuro per quello immenso amore ch’io ti porto e porterò sempre inviolabilmente. malgrado di quanti torti mi potrai usare, che la contentezza ch’io ho fin qui teco goduta è nasciuta dal veder te lieto di goder me. Né voglio giá dire che il vedermi degna di godere tanta bellezza qual è la tua non mi arreccasse infinito diletto, ch’io direi la bugia; ma giurati ben di novo che il mio sommo piacere era di mirar te sommamente contento di amar me. Ricevendo adunque lo piacer del tuo contento, non ti dèi né vergognare né temer d’avermi fatto oltraggio per lasciar d’amarmi, né dèi aver pietá di me in parte alcuna, perché affanno non sent’io