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che fecero la guerra commoda in casa loro, furono vittoriosi, c, quando si discostarono e con gli eserciti vennero anticamente in Sicilia, che ora tu possedi, perderono la libertá. Si ragiona ancora che, Anteo re di Libia essendo da Ercole egizio assaltato, furono inespugnabili le sue forze mentre che in casa e ne’ confini del suo regno lo aspettò; ma, come egli se ne allungò, per astuzia di Ercole lo Stato e la vita perdé. Conchiudo adunque, Rinieri, che dovevi attendere in casa e dentro del tuo regno de’ mori lo assalto, e non le loro forze in luoghi cosi sconosciuti e lontani venire a tentare. E, se io tutte queste cose non ti dissi e non ti consigliai prima che a questa impresa ci conducessimo, dèi esser certo ciò non essere avenuto dal mio non pensarle e non antivederle, ma solo dal volerti far con gli effetti palese la prontezza dell’animo mio, e non offerirti o darti, per fuggir la fatica, consiglio lá ove tu d’aiuto avevi mistieri. Di me veramente e della mia rovina non mi doglio tanto perché appartenga a me, quanto perché le communi forze nostre e l’armata sia stata dal furore de’ barbari oppressa, percioché ugualmente il danno tuo mi afflige l’animo come il mio m’è discaro. E, quando io venni teco come confederato e amico alla impresa e a si strabocchevoli pericoli mi disposi, non ebbi riguardo a ciò fare piú per altrui che per me stesso, presumendomi cosi l’allegrezza della vittoria commune come la tristezza della perdita. Ma ben mi doglio dell’avversa fortuna, la quale, si come delle altre cose del mondo a lei soggette è cieca e indiscreta perinutatrice, cosi ella è ancora ispaventevole e dubbia nello incerto avenimento della guerra; e non solamente di lei mi doglio per essere noi dagli inimici stati vinti e divenuti lor preda, ma perché da lei, mutabile, in ogni copia de’ suoi beni ricevuti nel mondo ed esaltati, ora miseramente dalla sua mano istessa ci troviamo depressi. Percioché chi dubita che gli inimici, avendo a noi rotte le forze e distrutto lo essercito, non sieno per seguire il corso della vittoria? e quinci, l’armata nostra via menandone, ai regni nostri posto lo assedio, di loro con le proprie armi nostre non s’abbiano a insignorire? e in questa guisa, non potendo noi opporci alle forze della fortuna, diveniremo,