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da due della vostra guardia stato ucciso. La quale ingiuria non potendo io con paziente animo comportare, né avendo dove potermi vendicare altronde, a voi ricorro, alla vostra giustizia vengo, pietosissimo prencipc, per mitigare con quella in parte il grave dolore che mi stimola e asciugare, con punizione debita di cui il figliuolo mi uccise, le mie amare lagrime. Né mi può, per Dio, cadere nell’animo che, essendo voi ne’ vostri popoli contra la iniquitá di altrui essecutore di giustizia, possiate o vogliate a’ forastieri e a me, che dirittamente ve l’addimando, negarla. — Avendo Roberto alla presenza del re dette queste parole, di lagrime e di amaritudine tutto pieno, ed egli, questo iniquo fatto inteso, forte spiacendogli, fece incontanente gli uomini della sua guardia chiamare a sé; e, intendendo chi a quell’ora fuori del palagio era stato, tosto venne delle persone a notizia; e, dati loro tormenti per riconoscere dalla sua bocca la veritá, finalmente due d’essi confessarono essere stati i commettitori di tale omicidio. E, fatto poscia il giorno seguente Roberto richiamare a sé, a lui fece venire i due micidiali del figliuolo legati e prigioni davanti, dicendogli che quelli nelle sue mani metteva, perché loro potesse quella punizione dare che a lui piaceva, e sovra la sua vita quella vendetta prendere che alla morte del figliuolo piú gli paresse convenevole. Roberto nondimeno, come temperata e modesta persona, quantunque costoro in suo potere avesse e a lui fosse piena libertá concessa al suo appetito di sodisfare, affatto da ciò si astenne e gli rifiutò, al re in questa maniera rispondendo: — Quantunque io, giustissimo prencipe, abbia da costoro cosi grave ingiuria ricevuto, e che nelle mie mani stia per bontá vostra di pigliarne vendetta, non averò però tanto di ardire, ch’io voglia, contra la mia natura adoperando, usare della vostra licenzia. E, perché io sia lo ingiurato, a me non s’appartiene di essequire qui nella vostra cittá la vendetta, dove voi la giustizia amministrate; ma questo ufficio lascio a voi, e, quale che abbia da essere la vostra sentenzia che sovra i commettitori di tal fatto caggia, io mi rimarrò contentissimo: percioché la virtú che appresso di voi veggio essere si gradita, e si abominevole il vizio, mi rende animo che tutto quello, che fia da voi di