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AVENIMENTO III


Flisco, uno de’ corsali d’Icarione, presa e saccheggiata una nave, toglie una statua d’oro mandata a Delfo, uccidendo chi n’ aveva cura. Icarione, inteso il fatto, mosso da religione, fa portare la statua a Delfo, e Flisco crudelmente morire.

Poiché finito fu il ragionamento di messer Emilio e quello da ciascuno de’ giovani commendato, chi biasimava la poca prudenza del re Carlo e la viltá del suo animo nel lasciarsi cosi follemente prendere nei lacci d’amore; chi si maravigliava della gran forza dell’incantato anello, dalla cui virtú occulta era il furor insano cagionato del re. Ma tutti unitamente consideravano quanti gravi e miserabili danni avvengono agli uomini per le magiche arti, come quelle che con le sue malvagie operazioni toccano lo spirito nostro, e per quello non solamente gli umori, ma ancora la parte nostra dell’anima irragionevole; si come allo ’ncontro la potenza ragionevole dell’anima nostra, per natura divina, e che sola dipende dalla mente di Dio suo creatore, non può da questi magici incantamenti essere tócca né ricever danno, se non in quanto ella consente con la vita inferiore all’appetito e s’inchina alla parte concupiscibile. Oltre di ciò lodavano tutti il saggio proposito e il devoto animo del santo vescovo nel ricorrere finalmente all’aiuto di Dio, come a quel porto che nel tempestoso mare di questo mondo è a tutti sicurissimo e tranquillo rifugio, col quale rimedio volle la divina providenza sanare della sua infirmitá il re, ritornandolo da si lungo errore in se stesso. Ma, tacendo giá messer Emilio, come a messer Muzio piacque, messer Ercole cosi cominciò a parlare:

Finora si è ragionato da voi della bontá di amore, e che egli anzi di bene sia che di male cagione, avendo gl’infortuni dirizzati di Erasto a sicuro e riposato porto; e ci è appresso da messer Emilio stato all’incontro mostrato a quali danni l’uomo