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Io non ricorderò la signora Laura da Este, perché l’invittissimo Alfonso, duca felicissimo, non lasciò di dare al mondo quel maggior segno che si poteva d’averla conosciuta per donna piena d’ogni eccellente e rara virtute. S’io volessi parlare di tutte quelle che in Ferrara sono degne d’eterno onore, si potrebbe credere ch’io credessi che si potesse l’impossibile. Che dirò poi delle donne maritate in Ferrara, le quali anco in un certo modo si possono chiamare ferraresi? Una signora Genevra Malatesta, una signora Beatrice degli Obici, ambe degne di quella lode che si può dare a donna nata con tutti i doni del cielo e di natura. Che dirò della signora Giulia dalla Rovere, moglie del signor don Alfonso da Este e sorella del non mai abastanza lodato Guidobaldo, invittissimo e valorosissimo duca d’Urbino? Di questa potrei parlare mille anni, senza timore che mi mancassero giamai onorate, rare, anzi sole virtuti di raccontar di lei; ma mi basterá lo aver ricordato ch’ella sia sorella dell’illustrissimo duca d’Urbino, della cui felicissima prole non nascono se non persone cosi perfettamente compiute in ogni virtú, che s’additano per maraviglie del mondo.

— Soggetto infinito avete tolto — disse il Badovaro — con tórre a lodare le donne ferraresi, perché cosi, o cavaliero, sono in loro infinite le virtú come quasi infinite sono elle in numero degne d’infinita lode; né vi bastò di pigliarvi carico cosi grave sopra le spalle, pigliando a lodar loro, ché ancora vi séte arrischiato di entrare nella virtú, nel valore e nella bontá della casa Dalla Rovere. — Lasciatelo seguire — disse il signor Ercole, — ché apunto questa è impresa del suo ingegno e soggetto della sua eloquenza. — Rispose il magnifico Mocenigo: — Io finirò confessando non poter mai finire. Ma a voi, Badovaro, ora sta il lodare le donne di Bologna; a voi, dico, che ci avete studiato. Per la qual cosa pure assai, oltre al merito loro, séte lor tenuto come a figliuole di madre che voi ha di cosi belle virtú arrichito e adornato. — Rispose il Badovaro: — Voi dite vero, ch’io sono obligato a Bologna e a quanti da lei prodotti sono, come a figliuoli di madre a me liberalissima e come a persone degne per se stesse d’ogni onore e d’ogni lode. Ma ditemi: