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sarei oso giamai entrare nel grandissimo mare delle vostre lodi, se non per istarmi sempre attaccato alle sponde. Ma, poiché cosi volete, séguiti il Corso, se gli piace, di leggere l’altro sonetto:

Dagli occhi, dal bel viso e dal bel petto move il dardo, la fiamma e le catene, ond’il cor, l’alma e’I corpo in tante pene a un tempo Amor m’ha punto, arso e ristretto.

O luci sante, o in puro avorio schietto cinabro sparso, o neve, ove Amor viene a far preda del mondo, ed ove tiene quant’ei può dare altrui pena e diletto;

le reti ornai per me, l’arco e la face ponete giú, che ’n l’amorosa corte non sente noni maggior duol, caldo d impaccio.

Questo strai, questo foco e questo laccio, cosi acuto, cocente e cosi forte, serbate a cor piú dur, freddo e fugace.

— Come farete, Veniero — disse lo Spira, — a fare che non si ragioni di voi con onor vostro? Ecco che quanto piú cer cate levar di mano altrui le occasioni di cosi fare, piú le fate, mercé delle virtú vostre, nascere e apparere. Voi poco innanti interrompesti al signor Pietro il dir bene di voi, col pregare il signor Anton Giacomo che seguitasse il leggere, e siete stato cagione che, leggendosi, si rinfreschi piú la memoria del valor vostro; percioché questo sonetto è fatto a similitudine e imitazione di que’ due vostri rarissimi e bellissimi fra i sonetti maravigliosi, l’uno dei quai comincia:

Non punse, arse, legò, stral. fiamma o laccio,

e l’altro:

Qual piú saldo, gelato e sciolto < ore.

1 quali sonetti bastano a farvi conoscere riti mondo per quel raro e nobile spirto che siete. Del magnifico messer Girolamo