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primo legato e poscia morto fui?

Sdegnisi di mirarti il sole ogni ora, poi che cruda sei tanto a chi t’adora, e faccian sempre a te noiose mura le piú fosche del ciel nubi importune.

Né sia chi teco in ciel unqua s’adune benigno influsso, ma perverse stelle ti scorgano, e sian quelle che piú d’ogni altra cosa ti facciano odiosa;

talché tu sprezzi il mondo, ond’or t’onora, e da te fugga Endimione ancora.

— Questo madrigale — disse lo Sperone — deve egli aver latto per una la cui casata o la cui impresa doveva aver nome o sembianza dalla luna. Ma, sia come vuole, egli molto bene se ne sta nei termini. —

Voi cosi bella séte, che crede il mondo ed io che siete qui, sotto terrena scorza, il piú bell’angel che creasse Dio.

Io, che d’ogni altro piú sento la forza di quel bel viso e di quei santi rai, dico che non fia mai che di voi non sia sempre il pensier mio, o vivo, o morto, o lieto, o in stato rio.

E tale ancora esser dovete voi,

acciò che sia tra noi,

con pace eterna, unita in questa etate,

quant’ ha bellezza il mondo e lídeltate. —

Finito ch’ebbe il Corso di leggere questo, cosi incominciò i : altro:

Non vi turbate, donna, perch’ io la beltá vostra e ’I valor taccia, ch’ogni lingua narrarlo invan procaccia; ché tanto diede il ciel di bello a voi, ch’a pensarlo il pensier non basta a noi.