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avviene a colui che gode, il quale, avendo quel maggior pegno che si può deU’amor dell’amata, non può temer che simulato sia niuno atto cortese verso di lui. — Anzi — rispose il Mulla — a colui solo che gode s’aspetta il dubitar che sieno finti cotai segni d’amore, conoscendo la donna essere sforzata a farglili tali per timore che egli non palesi al mondo ciò che è fra loro; ché colui che spera, essendo sola libertá della donna che gli concede i favori, non può se non credere che sieno veri. Dicovi ancora un’altra ragione. Voi sapete che il proprio dell’amante è sempre temere di dispiacere in qualche parte all’amata, della qual cosa molto piú avrá da dubitare colui che è piú provato. Onde ne siegue che colui che gode tema piú d’avere spiaciuto alla diva o nella conversazione o in qualche altra cosa piú importante, e poscia necessariamente deve egli piú dubitare che le carezze sieno finte e sforzate dal rispetto ch’io v’ho detto. Dalla quale ragione ne cavo un’altra, che piú felice sia colui che spera; perché, si come colui che gode può temer d’avere spiaciuto, può ancora esser che a lui spiaciuta sia la cosa posseduta, e che perciò egli non goda cosi perfettamente come colui che, altro non sapendo, s’imagina nella sua donna l’ambrosia e il nettare elei 1 i dèi, e con ferma speranza di possederla un giorno. Avrei molte altre cose da ragionarvi, ma le voglio tacere, perché piú non allunghiamo agli altri il termine del ragionare che tocca loro. — Vedete — disse il Bentivoglio — con qual modo il magnifico Mulla vuole vietare la risposta alle sue acute e sottili ragioni. Ma io son contento tacere, e avrei caro che vi credesti avermi vinto, perché ne riportaresti il premio che meritate, pascendovi sempre di foglie, con ferma credenza che meglio fosse il mirare e odorate quelle che gustare i dolci e saporosi frutti che i pregiati arbori producono. — Sappiate — disse il Veniero — che io non mi pentirò mai di godermi solamente le toglie di cotaii arbori, né a voi invidierò giamai ; frutti che ne gusterete; perché io son ili ferma credenza che, cosi come dei lauri e cipressi sono solamente odorose e da pregiare le foglie, e per lo contrario i frutti rii triste odore e di pochissimo valore, che cosi sia di questi arbori che tanto da