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Menico a letto, la quale troppo pregare non si fece, percioché esso Menico era un bello e gagliardo giovanetto; ma bene con la madre si scusò, dicendo che mai non averia a questo consentito, se non fusse per non dare sospizione al gentiluomo, che far loro cotanto male poteva e giurato aveva di fare. Quello che si facessero la notte insieme, so che ciascuno di noi in un sol modo pensa; ma mi fu bene accertato che la vacca per vitella, si come di molte altre sono, fu anch’essa venduta. Venutane la mattina, il gentiluomo, fatto loro fare una buona merenda e Sborsatoli i venticinque ducati, col nome di Dio loro andare per li fatti loro lasciò. Laonde Polissena, quasi lagritnando, pregò Menico che talvolta alla sua villa si lasciasse vedere (la qual cosa a me dona un poco di sospezione), ed egli le promisse ciò fare di buona voglia; e cosi credo che facesse e che di molte altre volte si godessero insieme, percioché la villa dove Menico abitava non era molto lontana da quella dove ella si maritò dapoi. Con tale astuzia Menico si godè la Polissena e seppe da galante uomo eccelentissimamente prevalersi della occasione che gli si appresentò innanti.

Per dolce e gentil novella fu da tutti lodata quella del Zorzi, il quale al Susio impose che l’altra dicesse. Incominciò adunque egli: — Di un’altra astuzia, che usò giá, per godersi una sua innamorata, un giovanetto, m’ha fatto sovvenire l’astuzia di Menico; la quale vi racconterò, se m’ascoltate.