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per la giustizia non gli fusse stato destinato, essersi giá deliberato in ogni modo non voler piú vivere. E cosi pietosamente ogni cosa disse, che non fu uomo che, sentendolo, di lui pietá non prendesse. Fra questo mezo lo speziale, che ogni cosa e ogni successo, e cosi della giovane come del giovane, inteso aveva, subitamente al palazzo n’andò, e, fattosi introdurre innanzi al giudice, disse: — Signore, non fate sopra questo giovane sentenza alcuna, percioché egli, si come si crede e tutti gli altri insieme, non è stato omicida di persona veruna, e la giovane, che per morta si piange, è viva e sana come siamo noi. — E appresso il tutto per punto gli raccontò, e del sonnifero che egli dato a Giberto aveva in iscambio di veleno e ogni altra cosa; e, promettendogli subito di ritornarla viva con un poco d’aceto, fece si che il giudice, sotto buona guardia lasciato Giberto, a casa della giovane insieme con il padre e molti altri amici e parenti si condusse, dove alla loro presenza, quanto promesso aveva di fare, tanto fece. Della qual cosa e maraviglia e allegrezza grande ne fu per tutta la cittá; ché cosi fu fatto festa per Giberto, che amato da tutti come prode e valoroso giovane era e che morto si credeva che fusse, come per la giovane, che similmente da morte a vita esser ritornata dir si poteva. Fu adunque, per sentenza del governatore, Giberto tratto di prigione e datoli Cornelia per moglie; la quale, postasi a considerare lo amore infinito che egli giá tanto tempo portato le aveva e il dolore che n’aveva sentito sempre, poscia piú caro che la vita lo tenne, e in grandissima pace e tranquillitá lungo tempo con molti valorosi figliuoli vissero insieme.

Giunto al fine il Veniero della sua novella, la quale sopra modo bella fu da tutti tenuta, si levò il conte Alessandro e disse: — Da ora fu, Veniero, ch’io desiderai che il sonnifero fusse veleno, accioché la crudel giovane morta, si come ella meritava, ne rimanesse. Ma, poich’io m’accorsi che anco Giberto, tanto sciocco a dar morte a sé quanto giusto a darla a lei, similmente uscir di vita voleva, io son contento che cotal fine avesse l’accidente, perché la vita d’un uomo piú vale assai che quella