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NOVELLA XII

Giberto, disperato per la durezza d’una sua donna, la patria abbandona; e, doppo l’esilio di cinque anni, piú che mai acceso, a quella in abito di romito ritorna: e, trovata la giovane piú che mai dura e crudele, avvelenarla tenta; e, discopertosi il fatto, prigione ne rimane; e, da uno spiziaro aitato, dalla morte campa, e poscia con grandissima sodisfazione di ciascuno la detta giovane per moglie prende.

E’ mi ricordo avere udito ragionare che in Alessandria detta dalla Paglia fu giá un giovane ricchissimo e di nobilissimo legnaggio, il quale virtuoso e bello era quanto altro a’ suoi di nella sua patria vivesse. Innamorossi costui, che Giberto era chiamato, d’una giovane similmente nobilissima e bellissima, addimandata Cornelia, con la quale non gli giovò giamai né bellezza né valore né prieghi né servitú alcun,i, tanto che egli potesse pure una sol volta ottenerne un sguardo di lei, che orgoglioso e dispettoso contra lui non fusse. Avendo costui fatto ogni pruova ornai per trarre a’ suoi desidèri l’amata e crudele fanciulla, e vedendosi ogni operazione vana sempre reuscire, deliberò partirsi della patria e prenderne volontario esilio, fintanto che per la lontananza gli si togliesse dal core la memoria della ingrata giovane. Laonde, ancoraché con grandissimo suo dolore, tolto al padre di nascoso buona somma di contanti, della cittá solo se n’usci, senza saputa né d’amico né di parente alcuno. Pertossi costui cosi bene contra l’émpito della passione che amore gli faceva sentire, che cinque anni errando n’andò fuor dell’Italia, senza che alcuno giamai potesse intendere di lui novella veruna. Per la qual cosa da tutti i suoi era giá stato per morto pianto e sospirato. Deliberossi alla fine di far ritorno alla