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XXIV.

AD ANNA BRIGHENTI

a Fermo

.... Settembre (1831)


Che caro dono, ragazze mie, che cosa deliziosa mi avete mandato! Io non mi sazio di guardarlo e riguardarlo e di ammirare quella facciotta placida e robusta di Rubini, che non sa sdegnarsi neppure in un momento di tanta violenza, come è quello in cui viene rappresentato. E Marianna già me lo aveva detto che la sua fisonomia indica una tranquillità di un animo ammirabile, che non si turba nemmeno sulla scena. E quella è una fisonomia molto geniale, ed io trovo a contentare il mio gusto per i baffi e la barba. Ma Rubini non mi vuol cantare, ed io lo prego, lo scongiuro, ma mi sta sempre zitto, e per una parte è anche bene, perchè se mamà se ne accorge, poveretta me!

Se io vedessi la mia amica ai piedi di Rubini forse non piangerei; mà con un altro... oh io non la potrei vedere senza piangere. Facevo vedere questa sera a mio fratello questo ritratto, senza dirgli il nome ed egli diceva che l’Imogene era Marianna, e sostiene che le rassomiglia, e mi ha fatto convenire che in qualche tratto è vero.

Che doppio seggetto di allegrezza per me, o mia cara, e quanto mai vi ringrazio!