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Ma, e che cosa non debbo io mai invidiarti, o Marianna mia? Quella tua cara anima, quel tuo carattere eccellente, quel tuo cuore pieno di una bontà angelica, mi fanno sembrare realizzato un sogno che io credevo non fosse più questo il tempo di poter vedere avverato. E se sapessi quanto mi fa insuperbire la tua amicizia! quando leggo le tue lettere, e penso alle tue parole, al tuo amore, io levo la testa e mi stimo molto di più di quel niente ch’io sono al tuo confronto... Poichè, sappi e tieni per cosa certissima, che tu sei infinitamente più buona e più brava di me in ogni genere. E quando io penso al delirio di gioia che il conoscerti mi cagionerebbe, il pensiero, che è continuo in me che quando mi conoscerai non mi troverai degna di tanto tuo amore, mi mortifica, e quasi mi fa desiderare di non vederti mai per continuare a godere della dolcezza de’ tuoi sentimenti, che forma l’unica e vera delizia della mia vita.

Quanto mi dici di Bologna mi fa un ribrezzo e m’infonde una melanconia che non ti so descrivere. Nel breve regno di pochi mesi indietro dei liberali, io non ho certo veduto da essi grandi esempi di bravura, di genio, di nobile animo, ma ho creduto sempre che il fuoco sacro fosse là, nei vostri paesi ch’io credevo assai felici, ma tu vuoi togliermi anche questa illusione, e ne hai ragione — la verità, sopra tutto la verità. Che infame mondo, Marianna mia, in quai tempi mai siamo! Ma, se puoi, lasciami il mio entusiasmo per la Francia, lascia ch’io faccia dei voti perch’essa sia felice e vittoriosa, perchè possa continuare sempre nel suo linguaggio franco ed ardito e non temere