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giunte, a consolarmi. Io non avevo altra consolazione che il vostro amore, ma ci posso più contare? Perchè se non è vero che niuna di voi sia stata inferma, non è egli un torto, una offesa alla santa amicizia l’avermi lasciato tanto tempo senza vostre nuove? Io me ne appello a Brighenti, e lo prego di darvi qualche castigo, se è vero che lo meritiate, come io spero.

Con una inesprimibile ansietà sto attendendo un vostro riscontro, una parola di qualcuna di voi che mi dica noi stiamo bene! Oh allora io sarò felice. Addio, care ed amate anime! io vi abbraccio e vi bacio tenerissimamente, ma con un sentimento di dolore ch’io non saprei descrivere. Se fosse mai vero che dopo il 14 di settembre voi mi aveste scritto, la lettera si sarebbe perduta o per negligenza di posta o per malvagità altrui. In quel caso, ma solo in quel caso, fate il soprascritto al Conte Carlo Leopardi.


XII.

ALLA STESSA

a Bologna

14 Novembre (1830)

               Mia cara!

Finalmente è venuta una tua a consolarmi, a mettermi in calma sul conto tuo, dopo tanto tempo che io ne stavo in una aspettazione terribile. Io