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VII.

ALLA STESSA

a Siena

28 luglio (1830)

               Marianna mia,

Lascia ch’io abbracci la cara Giulietta, e che baci le sue belle guancie esprimendole così la parte ch’io prendo ai suoi trionfi, alle sue glorie. Quanta gioia, quanta inesprimibile gioia mi ha cagionato l’ultima tua lettera! e quanto mai avevo desiderato di provare questo sentimento, in tal modo a riguardo tuo!

Ma tu fai prodigi, sei novizza nella tua professione, e tutti i tuoi passi sono trionfi! E ti ammiro immensamente, e sono presa di entusiasmo per il tuo talento, per il tuo ingegno, per la tua voce, per la cara tua persona che io amo tanto, e che spero di sentire sempre esaltata e quasi direi amata, se non fossi gelosa, estremamente gelosa dell’amor tuo. Mi hai chiamato unica tua amica, ed avendoti io tanta fede vorrei crederti, io però vorrei essere sola ad essere amata da te, dopo i tuoi, s’intende; e quasi vorrei anche essere sola ad amarti tanto grandemente come faccio, ma qui temo di sbagliare: quando si ama veramente si desidera, io credo, che tutti trovino amabile l’oggetto amato, ed allora come non sarà amato