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VI.

ALLA STESSA

a Siena

7 luglio (1830)

               Marianna mia,

Se le vostre lettere sono e saranno sempre per me un raggio di luce nella notte tenebrosa in cui vivo, tale è stata particolarmente la vostra ultima da Bologna, la quale, essendosi trattenuta un poco per viaggio, mi è giunta in tempo in cui ero affitta per la vostra apparente dimenticanza. Ma le vostre care parole fanno obliare tutto, meno il dolore di non vedervi. Oh vi assicuro, o cara, che questo è tanto vivo, quasi quanto quello che mi avete cagionato col dirmi che andate forse ad allontanarvi immensamente. Quali parole, o Marianna mia, e quante lagrime mi fanno versare! Io attendo con più smaniosa impazienza i dettagli che mi promettete; ed intanto io tremo che vi prepariate a realizzare un progetto antico di portarvi in luogo ove certo per l’sprezza del clima voi non potreste vivere, delicata come siete ed avvezza al sole d’Italia. Fino a che mi verrà una vostra io, vivrò nella speranza d’ingannarmi; ma se mai fosse vero, quale spasimo di dolore! - Ora sarete