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CII.

ALLA STESSA

a Modena

5 novembre (1848)

               Mia carissima,

Ti ringrazio della premura avuta nel fare recapitare la mia lettera a don Luigi Palmieri a Modena, e più ti ringrazio della tua ultima che come le altre tue mi è sempre di consolazione vedendo che ho sempre un posto nel tuo cuore. Con tutta l’anima io vi desidero, o mie care, pace e tranquillità; quella pace che sembra fuggita da questa misera terra per renderci sempre più infelici, e per farci rivolgere tutti i nostri pensieri e desiderii verso quel luogo ove sarà pace eterua, immancabile. Ora però, guai a noi, guai a noi! Non vi è un angolo di terra ove girar lo sguardo senza vederlo lacerato, imbrattato dalle passioni, dalla ferocia, dalla crudeltà degli uomini. E triste il presente e più triste ancor l’avvenire. È davvero invidiabile la piccola repubblica che tu vedi dalle tue finestre, ed immagino bene che l’anima tua sarà col desiderio volata colà, ma siano tutti incatenati, chi da una cosa chi dall’altra. Questi sono tempi nei quali la mano del Signore si è aggravata sopra di noi, e non si può fare altro