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IC.
ALLA STESSA
a Forlì
11 luglio (1847)
Mia carissima Marianna,
Figurati di vedermi in ginocchio dinanzi a te, ed in mezzo a voi altri, chiedendovi scusa quante mai posso del mio silenzio di due mesi dopo una vostra lettera affettuosissima e piena di consolanti e care parole, e tutte esprimenti della più tenera e calda amicizia. E già so bene che solo questa può farmi perdonare, come solo la virtù di questa e in sua considerazione ho potuto io tardare a prender la penna in mezzo alle angustie e al dolore immenso prodotto dalla perdita da noi fatta. Io era ben sicura che voi, care anime, avreste diviso con noi il nostro affanno e avreste preso parte vivissima all’incancellabile ed eterno nostro lutto, e le parole colle quali mi piace di assicurarmene, mi scendono dolcissime al cuore, e ve ne son grata oltre ogni dire in misura dell’amore con cui è amato il vostro amabilissimo Genitore, è certo quella stessa con cui veniva amato il povero e diletto mio padre da ciò potete ben misurare il nostro dolore. Scorrono i giorni ed i mesi, e il lutto il più profondo è nel nostro cuore come nel primo di, in quel