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e quello di Ninì, dall’amore di voi, mie care anime, donati a me che li serberò fra le più care memorie.
Troppo mi duole della tua indebolita salute, e del caro tuo pettorello (frase di mamà) offeso dal troppo cantare, e più me ne duole perchè ti vedo disposta al canto di nuovo. Io sperava che di teatro non se ne parlasse più, e però vedeva i tuoi affari andar benissimo e riposarti poi dai tuoi viaggi e dalle tue fatiche nella villa presso Modena. Mi fanno pena i travagli che soffre la cara tua famiglia per la malizia degli uomini, e il nome solo di lite mi spaventa; spavento lasciato in noi giustamente da tante che ne hanno i miei sostenute. Spero però che la tua avrà buon fine e lo desidero ardentemente, ma già essa ti fa danno obbligandoti a ricalcare quei luoghi ove ti verrà cinta la fronte di nuovi allori, ma che ti costeranno senza dubbio fatiche e pene.
Non vado però affatto d’accordo con te e colla tua massima di non scrivermi quando non hai che cose tristi da narrare. Non sai ch’io faccio parte di tua famiglia, e che solo per caso siamo divise, ma i nostri cuori stan sempre insieme? Non ti serva dunque mai più per iscusa un simile motivo, che esso quasi mi fa torto. La nostra Cleofe bacia teneramente te e Ninì, e ti ringrazia delle care tue parole colle quali cerchi di confortarla a soffrire con coraggio i mali presenti alla vista di quel bene che spera. Questa cara figlia già ha passato il periodo più doloroso (meno quello del parto), ed ora si trova meglio, e non facciamo che parlare della piccola Virginia ch’essa spera