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Io sono inquieta con Nina, inquieta assai. Che per M. Comer dimentichi la sua amica, pazienza: ma per un Tonino... non la posso mandar giù. Io non capisco come Brighenti non le proibisca di scrivergli — ah! quella signorina Nina è una gran furba!
E poi essa invece di piangere, ride — ride quando un amante va in Inghilterra senza di essa, ride quando trova quattro lettere amorose di uno sguaiato studente, ride quando gli risponde, e mi figuro già che riderà anche a Cremona, e chi sa quanto vi riderà. Vorrei sapere però quando piangerà, perchè se non ha pianto per Comer, e di chi pianger suole? Avrei voluto molto bene a quel signorino se faceva ch’io avessi un’amica in Inghilterra: oh allora si ch’egli era impagabile! Se Nina lo ha desiderato anche in sogno, io la compiango e mi affliggo con lei, malgrado lo sdegno che mi ha inspirato col suo silenzio. E qui la bacio e l’abbraccio, e saluto affettuosamente i tuoi genitori.
Ti ringrazio del sonetto — ma vorrei ancora ringraziarti della poesia di Pisa, se quel caro sig. Ignazio (chi è?) mi avesse fatto il piacere di lasciarne qualcuna; chè così la mia raccolta è assai incompleta.
Marianna mia, io ti ringrazio delle tue schiettissime parole, le quali non ti doveva passare neppure un istante pel capo che mi potessero offendere. No, con esse non mi hai offeso, e poi sappi che io già me le immaginavo — così vorrei che già ti fossi immaginata che non ho seguito punto il