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troppo chiara. Ora questo signorino mi ha fatto chiedere un’altra volta, e mi è venuto la diabolica idea di dargli mente. Però sorgono vivacissime tutte queste difficoltà, e la ripugnanza di lasciare il mio nome è grande, e poi lasciarlo per prenderne uno chè non ha valuto mai gran cosa! Solamente per togliermi all’immensa ed insopportabile soggezione in cui vivo ho dato adito a questo pensiero, non vedendo altra speranza di bene, poichè se non te l’ho detto mai, te lo dico adesso, che mio padre non vuole ch’io mi mariti, ed ha mandato al diavolo quei partiti che si sono presentati, ed ora tutti sanno che non gli si può far più parola di questo. Mia madre è stata del suo sentimento finora, ed adesso vorrebbe ch’io sposassi quello, di cui ti parlo. Marianna mia, tu mi hai a dire cosa credi ch’io debbo fare, cosa faresti tu nel caso mio.

La troppa riflessione mi uccide; io so ch’ero disperata qualche anno fa quando ero sposa d’un tale di Urbino, che mi voleva un bene grande, e che io non potevo soffrire, al quale ho detto di no tre volte, e di si due, poi non ebbi cuore di dire il terzo si; ed ero disperata allora che riflettevo meno di adesso, figurati che ne sarebbe di me in questo caso, ove di tutte le illusioni che per forza devono accompagnare questo salto importante non ve n’è alcuna, nemmeno quella del cangiare paese, e di montare in un legno con otto cavalli di posta.

Sono certa che il signorino mi vorrebbe un gran bene (io non gli ho mai parlato), ma non lo sono egualmente se glielo vorrei io; per la sua bontà lo meriterebbe, ma..... Della sua figura non parlo, credo che non sia brutto.