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ho cessato di meritare l’amor tuo, e dimmelo presto, prima di partire da Bologna. Poi parlami della Malibran, dei tuoi ultimi giorni a Roma, parlami di Nina, anzi no, lascia ch’essa mi parli da sè, e poi parlami di un’altra cosa che ora ti dirò chiedendoti il tuo consiglio.
Un giovine signore di Recanati sono già parecchi anni che mi fece domandare in isposa, più volte. Io l’ho ricusato sempre costantemente, e ciò per i motivi che seguono.
Prima di tutto, la sua casa non può stare (come si usa dire fra noi) alla mia per suola di scarpa. Poi egli è un buonissimo giovine, e lo è stato sempre, non si è unito mai agli altri giovani, non ho sentito dir mai una parola della sua ragazza, è cristiano, religioso, etc. Poi egli non conosce letteratura affatto, ed io dovrei passar la vita con uno, cui non potrei mai dir nulla di quelle poche cose che so io; credo che abbia poco spirito, ed anche poco talento.
Poi, ha un padre ed una madre, la madre poi è un vero orrore in ogni genere.
Poi è figlio solo, con due sorelle maritate; una delle quali lo è con uno di una piccolissima famiglia di un sobborgo di Recanati, ove io avrei difficoltà grande di andarla a trovare. Per tutte queste ragioni il mio amor proprio si rivoltò all’idea di un tale matrimonio, e mi pareva impossibile di poter lasciare il mio cognome, cui voglio assai bene, per uno tanto meschino.
Quando ero sposa del mio Ranieri, non mi pareva sacrifizio quello che andavo a fare, poichè l’amore velava il tutto, ma qui la cosa la vedo
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