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innanzi una pietra, neppure mi do la pena di alzar le gambe per passar oltre, mi sdraio giù per terra e quando sono bagnato, pieno di fango e sporco, rimango là sinchè il sole asciugalo mi abbia; tutt’alpiù mi rivolgo un po’ affinchè possa battermi da ogni parte. — Il nono disse: ma gli è un non nulla ciò! questa mattina mi stava innanzi il pane; ero sì pigro che nol volli prendere e poco mancò non morissi di fame. Eravi anche una brocca vicino; era grossa e pesante, piuttosto che alzarla ho patito la sete. Volgermi un po’ era soverchia fatica per me; sono dunque rimasto tutto il giorno diritto e stecchito come un bastone. — Oh! disse il decimo, la poltroneria mi fè male, n’ebbi una gamba rotta ed un polpaccio rigonfio. Eravamo tre, ce ne stavamo sdraiati sulla strada, io avea le gambe distese ed una vettura vi passò sopra colle ruote. Avrei potuto ritirarle le gambe; ma non udii la carozza venire; i moscherini mi ronzavano attorno le orecchie, mi entravano pel naso ed uscivano dalla bocca, chi vuol darsi pensiero di cacciar via gli insetti? — Disse l’undecimo: ieri rinunziai al mio servizio, più non avea voglia di andar a prendere i pesanti libri per il mio padrone e dappoi riportarli al posto; era un lavoro che occupava tutta la giornata. Ma a dire il vero si fu il padrone che mi licenziò e più oltre non mi volle tenere, poichè i suoi abiti che io lasciai nella polvere, eran tutti