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lascio che gli altri facciano il lavoro più faticoso ed io non fo che osservare; ed è ancora soverchia fatica per me. — Disse il quinto: che dirò io? ve lo potete immaginare; devo portar fuori della scuderia il concime per caricarlo sul carro. Fo a grande agio; quando ne ho preso un po’ col forcone, lo sollevo a metà altezza e prima di gettarvelo riposo un quarto d’ora. È di molto se in un di posso farne una carrata. Non ho voglia di ammazzarmi per il lavoro. — Vergognatevi, disse il sesto, nessun lavoro mi fa paura; ma io sto coricato tre settimane senza neppur levarmi gli abiti. A che servono le fibbie delle scarpe? Mi caschino pur da’ piedi, non me ne importa proprio nulla. Quando devo salire una scala, metto adagino, adagino un piede dopo l’altro sopra il primo scalino; poi conto quei che rimangono ancora per saper dove devo riposare. — Disse il settimo, io non posso fare altrettanto, dappoichè il padrone tien d’occhio il mio lavoro, ma sta fuori di casa tutto il giorno. Non trascuro nulla per ciò, corro quanto può correre chi va passin passino. Per muovermi, quattro uomini robusti mi hanno a spingere con tutta la forza innanzi. Vidi un giorno sei uomini che dormivano sopra di un giaciglio, mi buttai giù con essi e presi sonno. Fu impossibile svegliarmi e se vollero ch’io ritornassi a casa, mi ci dovettero portare in sulle spalle. — M’avveggo, disse l’ottavo, ch’io sono una perla di servitore; poichè se mi sta