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dinanzi la porta di casa, disse: Domani voglio uccidere il vecchio Sultano, non è più buono a nulla. — Quella chè avea compassione del povero cane rispose: Fedelmente ci ha serviti per molti anni ed ora lo possiamo mantenere per carità. — Chè, chè, soggiunse il marito, tu non se’ abbastanza accorta; non ha più un dente in bocca, i ladri più non hanno paura, può dunque andare a babboriveggoli. Se ci ha serviti e noi pure sempre lo abbiamo mantenuto. —

Il povero cane che poco lungi stava sdraiato al sole, aveva udito questi parlari ed era afflitto che domani dovesse essere l’ultimo giorno di sua vita. Aveva un buon amico, il Lupo, dal quale verso sera corse nascostamente lagnandosi della triste sorte toccatagli. Ascolta, compare, disse il Lupo, sta di buon animo ti caverò d’impiccio. Ecco a che ho pensato; domattina di buonissima ora, il tuo padrone va colla moglie a segare il fieno, portano seco loro il marmocchino e nessuno più rimane a casa. Prima di porsi al lavoro avranno cura di adagiarlo all’ombra dietro un cespuglio; ebbene mettiti là vicino come se lo volessi guardare. Poco dopo, tutto ad un tratto, io verrò fuori dalla macchia, porterò via il bambino; tu subito mi salterai dietro come per togliermelo, io il lascerò cadere a terra, tu lo riporterai ai genitori, i quali credendo lo abbi salvato, saranno riconoscenti ed invece di farti del male, rientrerai nelle loro grazie e più di nulla patirai difetto.