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alto, con dinnanzi uno sgabello pur d’oro massiccio per posarvi i piedi. Era il seggiolone sopra cui stava seduto il Signore quando era a casa e dal qual poteva vedere ogni cosa che sulla terra accadeva. Il sarto rimase a bocca aperta e per buona pezza rimirò quel seggiolone, poichè più d’ogni altra cosa gli andava a genio. Alla fine la temerità lo vinse, salì e sopra vi si sedette. Osservava ogni cosa che sulla terra accadeva; vide una vecchia e deforme lavandaia, la quale mentre lavava alla riva d’un ruscello aveva nascosto due veli. A tal vista il Sarto si adirò così forte che dato di piglio allo sgabello d’oro, lo gettò giù contro la vecchia ladra. Ma non potendo più riprenderlo, pian pianino discese dal seggiolone, andò a sedersi al suo posto dietro la porta e fece lo gnorri.

Allorchè Dominedio ritornò col celeste seguito, non si accorse del Sarto che stava dietro la porta; quando poi si sedette sul suo seggiolone mancava lo sgabello. Chiese a San Pietro dove l’avea messo, ma egli di nulla sapeva. L’interrogò ancora, se avesse lasciato entrare qualcheduno. — Nessuno, rispose Pietro, tranne un zoppo Sarto che sta dietro la porta. Il Signore fece venire innanzi a sè il Sarto; lo interrogò se avesse preso lo sgabello e dove l’avea messo. — O Signore, rispose franco il Sarto, nella collera io lo gettai sulla terra contro una vecchia donna, la quale mentre lavava vidi che aveva rubato due veli. —