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cosa volesse. — Sono un povero ed onorato Sarto, rispose una sottil voce, che dimanda il permesso d’entrare. — Sì, onorato soggiunse Pietro, come il ladro sulla forca; hai avuto le dita troppo lunghe ed hai rubacchiato il panno alla gente. Tu non entri in Paradiso; il Signore mi ha comandato durante l’assenza sua di non lasciar entrar nessuno. Oh! sii compassionevole, esclamò il Sarto, i piccoli ritagli che giù cadevano dal banco, non sono rubati e neppur val la pena di parlarne. Guarda, io zoppico e per il molto camminare mi son venute le vesciche ai piedi; più non posso tornare indietro. Deh! lasciami entrare, farò tutti i lavori più noiosi. Porterò in braccio i bambini, laverò le fascie, pulirò ed asciugherò i banchi ove giocano e rappezzerò i loro abitini stracciati. — San Pietro mosso a compassione, aperse al zoppo Sarto un pocolino la porta del Paradiso, tanto da potervi passare colla sua magra persona. Doveva starsene seduto in un cantuccio, senza fare il più piccolo rumore, affinchè Dominedio al ritorno non lo vedesse e non andasse in collera. Il Sarto ubbidi; ma essendosi San Pietro allontanato un po’ fuori della porta, quegli subito si alzò in piedi e corse pieno di curiosità a guardare in tutti gli angoli del Paradiso. Giunse finalmente ad una piazza nella quale vi erano molte belle e preziose sedie ed in mezzo un seggiolone tutto d’oro, tempestato di diamanti ed assai delle sedie più