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diceva tra se, e ritornò satollo e col ventricel ripieno in sul far della notte. Il Topo subito lo interrogò del nome posto al micino. — Forse neppur questo ti piacerà, disse il Gatto, chiamasi Tuttovia.

— Tuttovia! esclamò il Topo; è un nome che dà molto a pensare, non l’ho ancor visto neppur stampato... Tuttovia! Che significa mai? Crollò la testa e si rannicchiò per addormentarsi.

Da quinci innanzi più nessuno invitò il Gatto ad esser compare; il verno s’inoltrava e fuori non poteasi trovar cibo alcuno. Il Topo pensò alla pentola nascosta e disse al Gatto che sarebbe tempo opportuno di andarla a vedere e di assaggiarne un poco. — Volentieri, rispose il Gatto, a te poi farà anche bene un tantino di svago.

Si posero in cammino; colà giunti trovarono la pentola nel luogo dove l’aveano messa; ma era vuota. Oh! disse il Topo, ora capisco ciò che avvenne! sei proprio un vero amico! tu mangiasti tutto, quando facevi il compare. Prima crosta via, poi metà via, in fine...

Vuoi tacere? rispose il Gatto, ancora una parola e ti strozzo. Il povero Topo avea di già sulla punta della lingua tutto via... Detto che l’ebbe saltogli addosso il Gatto e se lo divoro.

Vedi, così va il mondo.