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neonato una bellissima striscia bianca intorno al collo, così non potei dir di no. Il buon Topo subito acconsentì, ed il Gatto corse passando dietro le mura della città alla chiesa, e mangiò metà del grasso ch’era nella pentola. Oh! nessun cibo è così gustoso, diceva tra sè, come quello che si mangia da solo, ed era contentissimo dell’opera sua.

Di ritorno a casa; — ebbene qual nome hai scelto? gli disse il Gatto.

— Metavia!

— Metavia! Che dici mai questo nome ancor non l’ho udito. Scommetto che non si trova sul calendario.

Ben presto il Gatto si ricordo di bel nuovo della pentola e gli venne l’acquolina in bocca. — Tutte le cose buone sono tre, disse al Topo e ancor una volta devo esser compare. Oh! se tu vedessi, il gattino ha tutto il corpo nero nero come l’ebano e le zampe bianche, la qual cosa di certo non avviene ogni due anni. Permetti dunque ch’io vada? — Crostavia! Metavia! rispose il Gatto, sono nomi così curiosi che mi danno a pensare.

— Che grilli ti saltano per il capo? Vedi, ciò avviene perchè te ne stai sempre rannicchiato, senza mai uscire a prendere una boccata d’aria fresca che fa tanto bene.

Il Topo, quando fu solo, pulì e diede assetto alla casa ed il ghiottone del Gatto si mangiò quel che era rimasto nella pentola. — Come si è tranquilli quando si è mangiato tutto!