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Mannhardt, i Wolf, i Dasent, gli Scleicher, i Cox, i Benfey, i Koeler, i De-Gubernatis, ecc. ogni racconto popolare è l’avanzo d’un mito antico — ciò che rimane, come disse Max Müller, degli antichi strati del pensiero e delle parole seppellite negli abissi del passato.

Quante volte queste favole mi richiamarono alla mente altre eguali e somiglianti che udii nella mia fanciullezza, a veglia, nelle serate d’inverno e che ancor oggi con qualche novità di frangia e d’altri ornamenti corrono sulle labbra del popolo! Di fatto, certe leggende e racconti popolari su per giù pare sian i medesimi dappertutto, e chi, percorrendone la pesta potesse indicare il luogo ove ebbero culla, son di parere, avrebbe un argomento di più per addimostrare l’unità psicologica delle idee morali e religiose della razza ariana; poichè, come osserva il prefato Soury, ogni persona mezzanamente istruita ora più non dubita che gli antenati de’Greci, de gl’Italiani, de’Celti, de’ Germani, degli Slavi, degli Eraniani e degli Indiani non abbiano per molti secoli pria di disperdersi formato una sola famiglia.

Duecento sono le favole de’ Grimm, più dieci leggende pei ragazzi (Kinderlegenden) e formano un grosso volume1; io ne scelsi

  1. L’edizione di cui mi sono servito è la X Kinderund Ausmärchengesammeltdurch die Brüder Grimın Grosse Ausgabe, Berlin, Wilhelm Hertz 1872.