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tenebre. Dalla creazione del mondo la notturna luce ancor non avea rotto tale tenebria.

Una volta quattro giovinotti di questo paese fecero un viaggio e riescirono in un altro regno, dove di sera quando il sole era sparito dietro le montagne, vedeasi sopra una quercia una risplendenle palla, la quale colla queta sua luce illuminava tutti i luoghi all’intorno. Poteasi vedere e distinguere ogni cosa, sebbene non così chiaramente come quando eravi il sole. I viaggiatori rimasero a bocca aperta, ed interrogarono un contadino che per caso di là passava col carro, qual lume si fosse mai quello.

— È la Luna, rispose, la comperò il nostro Sindaco per tre talleri e l’attacco a quella quercia. Deve ogni giorno versarvi dell’olio, tenerla pulita perchè sempre risplenda. Riceve in paga da noi un tallero alla settimana.

Partitosi il contadino, disse uno de’ viaggiatori: potremmo adoperar noi questa lampada, a casa nostra vi è una quercia altrettanto alta, potremmo attaccarvela. Oh! quale gioia se di notte più non si andasse intorno a tastone nelle tenebre! — Sapete? disse il secondo, dobbiamo andar a prendere carro e cavalli, e portarla via. Essi ne compreranno un’altra. — Io so arrampicarmi bene, disse il terzo, salirò a prenderla; il quarto condusse un carro tirato da cavalli ed il terzo salì in cima dell’albero, fece un foro nella Luna misevi entro una corda e giù la calò. Non sì tosto