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sua, il naso rivolto in aria, le zampe incrocicchiate sul petto spiccando una canzonetta nè meglio, nè peggio di quel che un Riccio suole cantare in una mattina di domenica. Mentre canticchiava, la moglie lavava ed asciugava i piccini, gli venne voglia di andar nel campo vicino a veder se cresceano le rape, le quali come vicinissime a casa sua, solea avere in conto di proprietà della famiglia. Chiuse la porta ed andò. Fatti pochi passi, quando appunto era presso alla siepe posta torno torno del campo, s’intoppò nella Lepre, che era pure uscita per andare a vedere i suoi cavoli. Subito il Riccio gentilmente le augurò il buon giorno: la Lepre rigonfia d’una ventosa superbia e piena di sè nulla rispose all’amichevole saluto, ma con cert’aria di sussiego gli disse: — perchè vai pe’ campi in questa bella mattina?

— Vado un po’ a spasso.

— Oh! oh! a spasso, dovresti aver le gambe meglio fatte.

La villana risposta spiacque molto al Riccio, il quale mai non pigliava cappello se non quando parlavasi delle sue gambe, precisamente perchè le avea avute storte da madre natura.

— Credi forse, rispose alla Lepre che le tue sieno delle mie migliori?

— Oh! sì lo credo di certo.

Resta a provare, rispose il Riccio. Se facciamo una corsa scommetto vinco io.