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viii. - Le due milionàrie | 69 |
avevo appena levati gli occhi, che due donne sbattèrono la portina a vetri, irrùppero nel mezzo della sala. Parèvano le padrone del caffè, della notte, dell’universo. Ondeggiàvano enormi stravaganti pennacchi. Una di esse comandò imperiosamente, battendo con le nocche inanellate sul marmo: — Botega! cafè e late! — e poi alla compagna disse: — Sentèmose qua. E mi sentii profondare poi sollevare sul sofà. Ella si era seduta presso di me. Un acuto profumo mi investì.
Costei era veramente una figura notèvole: due occhi chiari, freddi, imperiosi in un volto olivigno, dalle linee forti: bel rictus meretrìcio. Una larga tònaca nera di seta, trascinata con grande sprezzo, lasciava intravedere gli ondeggiamenti di un grande corpo. Un senso di angòscia mi sorprese.
L’altra era più giovane, più èsile: una figurina esòtica; ma sbattuta, sciupata, sgualcita. Si liberò come dolorosamente delle grandi piume: apparve un volto triangolare come d’una serpe: volto senza fronte, tutto avvolto in treccine bionde; due immoti occhi di turchese, dilatati, paralleli; un tàglio carmino di bocca; un mento plasmato come da un bizzarro